Busso rappresenta il tipico insediamento collinare comune a molti paesi del Molise. L’estensione complessiva del suo territorio è di 23.36 chilometri quadrati. Sorge in zona collinare, ad un altezza di 764 metri sul livello del mare e, nella parte nord-est, a circa da 3 chilometri dal centro abitato, è presente il pendio montuoso di Monte Vairano che risulta essere molto ricco di vegetazione e di boschi di alto fusto, e che rappresenta un luogo ideale per effettuare lunghe e rilassanti passeggiate.
La bellezza del paese e del paesaggio che lo circonda rappresenta una meta interessante per tutti coloro che, volendosi allontanare dal caos cittadino, sono alla ricerca di tranquillità e di riposo. Lo splendore del paesaggio, tipicamente collinare e a tratti incontaminato anche grazie alla totale assenza di grandi impianti industriali, ad un traffico limitato, all’aria salubre e a un clima temperato, consente a chi è alla ricerca di tranquillità di trovare l’ambiente ideale per un piccolo paradiso. Il centro storico del paese è arroccato su un colle e attraversate da stretti vicoli la cui pavimentazione è realizzata in pietra locale, le origini caratteristiche architettoniche sono conservate solo in parte.
L’espansione edilizia che nel corso degli anni ha interessato il paese, si concretizza soprattutto verso la pianura ed in particolare lungo le strade che collegano il centro a Campobasso e con la fondovalle del Biferno.
Il paese, nel suo lato ovest, è separato da una vallata nella quale scorre il fiume Biferno che traccia il confine con Spinete, Casalciprano e Castropignano mentre nel suo lato nord è diviso da una vallata dove scorre il rio di Oratino che segna il confine con l’omonimo paese e con Campobasso. Monte Vairano, posto a nord ovest da Busso, segna il confine con Campobasso e, in parte, con Baranello con il quale divide anche il confine con il lato est e insieme con Vinchiaturo, il lato sud.
Il paese, distante circa 14 Km da Campobasso, capoluogo di Regione, sorge in una zona collinare ad un’altezza di 756 metri sul livello del mare, ricca di vegetazione, ai piedi di Monte Vairano, località che rappresenta la meta desiderata da quanti sono alla ricerca di tranquillità e di riposo.
La zona archeologica di Monte Vairano
Oltre al paesaggio rurale di Busso, che presenta armoniose variazioni cromatiche e sentieri ricchi di storia, di valori estetici e tradizionali, è di rilevante interesse artistico e storico il sito archeologico di Monte Vairano. Il sito, risalente al IV secolo a.c., è posto al confine tra i territori di Busso, Baranello e Campobasso ed è ancora oggi oggetto di scavi da parte della Soprintendenza Archeologica del Molise. Si tratta di un abitato racchiuso all’interno di cinta murarie, realizzata con ciottoli ed arenarie, materiali presenti sul posto, che risulta lunga circa 3 chilometri. L’abitato sarebbe stato identificato come l’antica Aquilonia, città Sannita che fu attaccata dai romani e rasa al suolo.
La zona cintata ha una forma quadrangolare. Lungo il perimetro della fortificazione sono state individuate tre porte chiamate Porta Vittoria, Porta Orientale, Porta Meridionale e Porta Occidentale. Nelle vicinanze di Porta Vittoria è stata rinvenuta una fornace che, nel II secolo a.c., produceva vasi a vernice nera. Per quanto riguarda l’attività degli scavi, occorre evidenziare che gli stessi hanno riportato alla luce diversi edifici dalle mura intonacate e dipinte nonché impianti idrici. All’interno delle mura sono stati individuati edifici, sparsi su tutta l’area, tra i quali è stata individuata una struttura abitativa “Casa di LN”, la cui denominazione deriva da alcuni frammenti di ceramica rinvenuti nella casa e che portano incise le due lettere.
L’intero sito è immerso nel bosco che rappresenta un complesso botanico di alto valore ambientale per la sua articolata composizione. Risulta, infatti, ricco di piante ed erbe officinali nonché di diverse specie arboree quali il cerro, il pino nero, l’abete delle Duglasia, il castano ai cui piedi trovano terreno fertile funghi e tartufi.
Monte Vairano e la sua leggenda
Alla battaglia di Aquilonia, che vide la città sannita distrutta dai romani è legata una leggenda, una storia locale. Nel corso dell’assedio, all’approssimarsi della decisiva battaglia un milite romano, effettuando alcune sortite fuori dell’accampamento dei soldati, si innamorò di una giovane sannita che ricambiò il suo amore. Una notte la giovane spinta da un irrefrenabile desiderio di incontrare il suo amato, uscì dalla cinta della città lasciando inavvertitamente aperta la porta di ingresso. I romani, visto il varco aperto, ne approfittarono prontamente assalendo la città e travolgendo nel loro impeto anche la giovane sannita che rimase uccisa. Il militare romano, appresa la notizia della morte della sua amata, si tolse la vita. Si narra, che ancora oggi, nella fitta vegetazione di Monte Vairano, se si presta all’attenzione, è possibile udire i gridolini di gioia dei due innamorati che si ricorrono felici.
Stemma e Gonfalone
Lo stemma di Busso porta nel campo un uomo che “bussa”, “batte” un albero, simbolo quest’ultimo degli antichi contadini che eseguivano lavorazioni su un terreno naturale, mai stato destinato ad usi agricoli oppure su terreni rimasti incolti per molto tempo, con lo scopo di renderli coltivabili e fertili il più possibile. L’immagine è racchiusa dentro uno scudo a sua volta circondato da una scritta “L’UNIVERSITA’ DEL BUSSO”.
Il gonfalone del comune è composto da un drappo di colore viola, riccamente ornato di ricami e caricato, nella sua parte centrale, dello stemma sopra descritto sormontato dalla scritta “COMUNE DI BUSSO”.
STORIA E LUOGHI DI CULTO
Nella comunità bussese ci sono tre chiese:
Chiesa di S. Lorenzo Martire, attigua al palazzo ducale, situata della parte più alta del paese. Si presenta con una semplice facciata a salienti, con il portale inquadrato da due lesene di marmo bianco. All’interno della chiesa trovano posto quattro altari in marmo dove vi sono custoditi alcuni dipinti di pregio. Inoltre nella chiesa era presente un crocifisso ligneo dello scultore partenopeo Colombo trafugato, insieme ad altre opere, in seguito ad un furto preparato intorno agli anni 60. La chiesa vive la sua massima espressione della cristianità il 10 agosto di ogni anno, in occasione dei festeggiamenti in onore di San Lorenzo Martire, patrono di Busso.
Chiesa della Madonna del Carmine è un’altra chiesa importante per busso e per la comunità bussese. Situata la centro del paese, adiacente alla piazza principale, fu fatta costruire nel XV secolo dal marchese Ottaviano Capece. Gravemente danneggiata dal sisma del 1805, fu ricostruita e ampliata. Attualmente la chiesa del Carmine è retta da una confraternita che porta il suo nome. Rivive i suoi antichi splendori il 16 luglio di ogni anno, in occasione dei festeggiamenti in onore della madonna del Carmine.
Chiesa di S. Maria in Valle posta in una vallata, a circa due chilometri dal centro urbano, la chiesa viene riaperta la seconda domenica di settembre, in occasione dei festeggiamenti in onore di Santa Maria. L’occasione è motivo, per i bussesi, per fare una scampagnata, vivere una giornata all’aperto, festeggiare la Santa e degustare prodotti gastronomici e vini locali.
sono inoltre presenti altri due edifici un tempo adibiti a luoghi di culto: La chiesa di S. Anna situata al centro storico, ormai in disuso e non più adibita al culto e la Cappella di S. Tecla posta all’ingresso del paese e di proprietà della famiglia Brunetti.
ATTIVITA’ AGRICOLE
Tra le attività agricole quelle più importanti e delicate erano rappresentate della mietitura e successivamente trebbiatura e dalla vendemmia. Questi eventi assumevano una grande importanza in quanto i prodotti derivati da queste lavorazioni, rivestono una fondamentale rilevanza per le esigue risorse economiche dei contadini dell’epoca. Nel corso degli anni molte cose sono cambiate e le attività contadine odierne risultano a dir poco anacronistiche rispetto sia al tempo impiegato per effettuarle che, sopratutto, ai mezzi utilizzati, ma tant’è che a noi piace ricordarle e proporle all’attenzione dei lettori.
Mietitura e Trebbiatura
I caldi mesi estivi vedevano tutti i contadini bussesi alle prese con le attività principali del periodo. La mietitura e la trebbiatura. Prima di procedere alla mietitura ciascun addetto, donne comprese, si muniva di due strumenti fondamentali: la fauce (falce)
e lu scarfelicchie (ditale realizzato in cuoio o lavorando sapientemente una canna) che serviva per proteggere le dita della mano sinistra (destra, per i mancini) da possibili irregolari spostamenti della falce. Man mano che i contadini falciavano il grano lo legavano con le spighe dello stesso grano, chiamate case. Più case riunite e legate insieme formavano ri manuocchie (i covoni)
che venivano accatastati nei campi in attesa di essere inseriti nelle ciuvere (appositi contenitori in legno legati al basto) per essere trasportati sull’aria (sulle aie) e qui di nuovo accatastati in modo da formare un’acchia (piramide formata con i covoni) in attesa della trebbiatura che veniva fatta con l’ausilio di un animale (mulo o asino).
Poiché non tutti i contadini disponevano di un’aia propria presso la quale effettuare la trebbiatura, era molto frequente che, intorno alla stessa aia, fossero presenti più cataste di covoni, appartenenti a contadini diversi, in attesa della loro trebbiatura. Quando tutto era pronto per la trebbiatura, si disfacevano i covoni e si disponevano le spighe in modo circolare sull’aia. Sulle spighe così predisposte veniva fatta passare una grossa pietra trascinata dall’animale, tenuto con una fune da un addetto che si poneva al centro dell’aia. Questa operazione faceva in modo che i chicchi venissero tolti dalle spighe. A questo punto entravano in gioco le donne che, munite di una forca (lungo forcone in legno), sollevavano per aria il materiale triturato in modo che, grazie al movimento effettuato ed al vento, il grano veniva separato dalla paglia. Una volta separato dalla paglia, il grano veniva passato nel cruvielle (una specie di setaccio che serviva a ripulire ulteriormente il grano da ulteriori pagliuzze). Il grano così ottenuto veniva quindi trasportato nei fondaci ed allocato negli arconi (contenitori in legno adatti alla stiva ed alla conservazione del frumento).
La vendemmia
I mesi di settembre e, in parte, di Ottobre, vedevano con i contadini bussesi impegnati in un’altra fondamentale attività: la vendemmia.
I grappoli maturi dell’uva (ciappar) venivano recisi dalle viti e raccolti nei piunz contenitori in legno legati alla varda (basato) dell’asino e trasportato nei fondaci per essere sistemati dentro ru palement (contenitore in legno o, nelle versioni più moderne, in cemento) per il procedimento successivo, la pigiatura, l’uva, ridotta in poltiglia, veniva passata nella sprescia (torchio) e lasciata a fermentare. Il mosto così ottenuto veniva quindi passato nei tini e, dopo averlo fatto riposare qualche giorno in modo tale che le impurità si depositassero sul fondo, travasato nelle botti di legno.
GASTRONOMIA
La storia, la cultura e le tradizioni del Molise, terra di antica vocazione pastorale, hanno vissuto da sempre la pratica della transumanza.
Le greggi, i pastori ed i loro armenti, nella loro perenne e sistematica ricerca dei pascoli freschi, hanno finito per tracciare sul territorio molisano innumerevoli sentieri che sono serviti da collegamento tra le varie realtà locali ed hanno impegnato il territorio di un ricco patrimonio di testimonianze archeologiche, architettoniche e culturali.
Questo particolarissimo fenomeno è presente anche nella tradizione gastronomica che ogni piccola comunità ha rielaborato in relazione alle proprie disponibilità alimentari dando così vita alle varie ricette, senza volerlo, un tocco di originalità. Alcune tra le ricette bussesi più antiche e conosciute.
PANTACCE, FAGIOLI E COTICHE
E’ un piatto tipico delle cucina Molisana.
Gli ingredienti erano prodotti dalle stesse famiglie. I fagioli venivano seminati essenzialmente tra i filari dei vigneti, onde poter recuperare, il terreno libero. Le cotiche rappresentavano un sotto prodotto del maiale che presso che tutte le famiglie allevavano e che, opportunamente lavorato, rappresenta la riserva di salumi che doveva bastare per l’intero anno. Il valore energetico di questo piatto risulta particolarmente elevato. Veniva consumato dalle famiglie contadine e dai loro braccianti che, lavorando nei campi per diverse ore al giorno, lo smaltivano agevolmente.
INGREDIENTI:
900 grammi di farina di grano duro
250 grammi di fagioli secchi
500 grammi di pomodori maturi
50 grammi di olio di oliva
50 di lardo di maiale
sale
600 grammi di cotiche di maiale
Peperoncino a piacere
PREPARAZIONE
Mettere a cuocere i fagioli nella “pignata” posta nel camino, vicino al fuoco; far bollire il sugo con i pomodori, il lardo, il sale, le cotiche e nell’ frattempo, impastare la farina con acqua tiepida, olio e sale. Quando i fagioli sono cotti, unirli al sugo già preparato e lasciar insaporire a fuoco lento per altri venti minuti. Intanto “tirare” la sfoglia e tagliarle in piccoli rombi ottenendo, così la pantacce da far cuocere in abbondante acqua. A cottura completata, unire le pantacce con il sugo, mescolare bene affinché si insaporiscono e servire.
PIZZA E MINESTRA
Si tratta di un altro piatto tipico della tradizione contadina molisana. Gli ingredienti erano facilmente reperibili e rientravano nella disponibilità delle famiglie in quanto il granone (Mais) era una della classiche colture contadine e le verdure erano facilmente reperibili in quanto nascevano spontaneamente nei campi e nei terreni incolti. Piatto semplice e povero, come nella migliore tradizione contadina.
INGREDIENTI
Verdure miste di campagna
Pomodoro fresco maturato
Semi di finocchio
Olio
Aglio
Acqua
Farina di mais
PREPARAZIONE
Lavare bene le verdure e cuocerle in abbondante acqua salata. In una pentola di terra cotta preparare il sugo con olio, aglio e pomodoro fresco, portare in ebollizione ed aggiungere le verdure lessate continuando la cottura aggiungendo il sale ed i semi di finocchio. Impastare la farina di mais, condirla con olio e sale. Spianare l’impasto così ottenuto sino a ridurlo ad una forma circolare alta circa 5 cm. e disporlo al centro del caminetto, precedentemente riscaldato ad elevata temperatura e poggiarlo su foglie di castagno appositamente predisposte. Coprire con la coppa sulla quale apporre la cenere del camino ed i tizzoni ardenti. Lasciar cuocere il tutto fino a quando, nella parte superiore della pizza, non si forma una crosticina dorata e croccante quindi pulire esternamente la coppa, sollevarla ed estrarre pizza. Porre la minestra calda in un piatto fondo, aggiungere la pizza di mais a pezzetti e, con una forchetta procedere ad impanare gli ingredienti facendoli amalgamare per bene.
CAPRETTO ALLA BUSSESE
In molte famiglie bussesi, e non solo, nel pranzo di pasqua, era immancabile il tipico capretto arrosto, preparato seguendo scrupolosamente questa ricetta.
INGREDIENTI
1.5 kg di capretto
1 kg di patate
Olio
Prezzemolo
Aglio
Rosmarino
Origano
Sale
PREPARAZIONE
Pelare le patate e tagliarle a tocchetti piccoli, lavarle e condirle con gli aromi. Tagliare il capretto in piccoli pezzi, unirlo agli aromi ed lasciarlo insaporire per circa un’ora. Unire il capretto e le patate in un unica teglia, mescolare per insaporire e porre la teglia al centro del camino ed i tizzoni ardenti. Lasciar cuocere il tutto per circa 45 minuti. Pulire esternamente la coppa, sollevarla per controllare la cottura. Se pronta servirla in un piatto ben caldo.
I FUNGHI E IL TARTUFO
Il territorio bussese, ricco di boschi incontaminati, per la sua particolare conformazione morfologica, le favorevoli condizioni climatiche e la ricchezza di vegetazione risulta essere l’habitat ideale per la sviluppo e la crescita abbondante e spontanea di fughi e tartufi. I funghi ed il prezioso tubero, raccolti da esperti professionisti locali del settore con l’ausilio di cani appositamente addestrati, oltre ad arricchire il profumo e di gusto le case dei bussesi, vengono destinati essenzialmente a due laboratori del paese dove sono sottoposti ad un accurata selezione da parte del personale addetto, esperto e preparato. In questi moderni laboratori, il prodotto di base, con l’aggiunta della migliori materie prime locali quali olio di oliva, formaggi, miele, caciocavallo, ecc., subisce il processo della trasformazione in raffinati prodotti di altissima qualità i quali, dopo il processo di sterilizzazione che ne garantisce un elevatissima sicurezza igienica – sanitaria, viene destinato alla commercializzazione.
FESTE, FIERE, TRADIZIONI E GIOCHI
Come in tutti gli altri centri del Molise, anche a Busso il ritmo del tempo era scandito e segnato anche dalle varie feste, sia di rito cattolico che “profano”, che si ripetono nel corso dell’anno. Di queste feste e di questi riti proponiamo un calendario, per quanto più possibile esaustivo.
GENNAIO
Il 17 Gennaio, Festa di S. Antonio Abate, patrono degli animali, nella chiesa di S. Lorenzo Martire, si celebra una funzione religiosa al termine della quale, nella zona prospiciente, viene acceso un grande falò facendo bruciare la lagna fornita spontaneamente dagli abitanti.
FEBBRAIO
Il giorno 2 Febbraio di ogni anno, si tiene nella piazza di Busso la tradizionale fiera della candelora.
GIUGNO
Il primo sabato di Giugno, da alcuni anni, è stata ripresa l’antica tradizione di partire da Busso per raggiungere, a piedi, Roccamandolfi distante circa 35 km, per far visita alle reliquie di San Liberato Martire.
Si Parte di buon ora, alle 5 del mattino, per arrivare a Spinete, dove si consuma una ricca colazione e si prosegue per il bosco di Centomani, dove si giunge intorno a mezzo giorno. All’ombra di alberi secolari, si compie una sosta per consumare un abbondante pranzo. Al termine si riprende il cammino e, transitando per Cantalupo, si giunge a Roccamandolfi intorno alle ore 15.00. alle ore 18.00 si assiste alla funzione religiosa in onore di San Liberato al termine della quale, dopo un giro per visitare le bancarelle esposte per la via del paese, si fa ritorno a Busso con l’autobus appositamente predisposti o con mezzi privati.
GIUGNO
Il giorno 26 giugno si celebrata la festa dei SS. Martiri Giovanni e Paolo. I festeggiamenti prevedono la sfilata di una banda per le vie cittadine, una messa, con relativa processione, in onore dei martiri celebrata nella chiesa di San Lorenzo e, alla sera una spettacolo musicale seguito dall’accensione di fuochi pirotecnici.
LUGLIO
Il giorno 16 luglio si celebra la festa della Madonna del Carmine. I festeggiamenti iniziano a partire dal 1 luglio quando la statua dell’ Madonna del Carmine viene esposta nella chiesa a lei dedicata, proseguendo la sera del giorno 15 con una spettacolo musicale in piazza N. Sant’Angelo e si concludono il giorno 16 con l’esibizione di un complesso bandistico e la celebrazione dalle Santa Messa al termine della quale la statua della madonna viene portata in processione per la vie del paese. Alla sera, spettacolo musicale ed accensione dei fuochi pirotecnici.
AGOSTO
Il 10 Agosto viene celebrata la festa di S. Lorenzo Martire, patrono del paese. I festeggiamenti iniziano nei giorni immediatamente precedenti l’evento con l’allestimento di stand gastronomici in piazza N. Sant angelo. Il pomeriggio del giorno 10 viene celebrata una Messa solenne nella chiesa di S. Lorenzo Martire al termine della quale la statua del santo viene portata in processione per le vie del paese. I giorni 9 e 10 sono animati da complessi bandistici, spettacoli musicali stand gastronomici e, la sera del giorno 10, da uno spettacolo di fuochi pirotecnici con i quali terminano i festeggiamenti in onore del santo.
SETTEMBRE
La seconda domenica di settembre viene celebrata la festa di Santa Maria nella omonima chiesetta situata a circa 2 km dal centro abitato. Nei giorni immediatamente precedenti l’evento, la statua della santa viene portata nella chiesa di S. Lorenzo Martire dove rimane sino al giorno della festa quando, nel pomeriggio ed in processione, viene riportata nella sua naturale dimora. La sera seguono i festeggiamenti con spettacolo musicale, stand gastronomici e fuochi pirotecnici.
GIOCHI
MAZZ’E PIUZ
Non avendo a disposizione alcun moderno mezzo tecnologico, i ragazzi erano soliti a trascorrere il loro tempo libero dagli impegni scolastici frequentando le strade o la piazza del paese dove, in gruppi più o meno numerosi, davano vita a molteplici giochi utilizzando giocattoli e strumenti creati da loro stessi. Uno dei giochi più famosi e più in voga era Mazz’e piuz. Gli attrezzi utilizzati per il gioco erano molto semplici. Si trattava di un piuz (piolo) della lunghezza di circa 15 centimetri, appuntito alle estremità e di una mazza. Bastone della lunghezza di circa 60 cm. e di pochi centimetri di diametro. Il gioco consisteva nel porre a terra ru piuz, dare un colpetto nella sua punta con la mazza in modo tale da farlo sollevare da terra e, mentre era in aria, colpirlo con forza con la stessa mazza in modo da mantenerlo il più lontano possibile. Si procedeva quindi alla misurazione che consisteva nel contare a quante mazze di distanza dal punto di partenza era terminato ru piuz. Ogni giocatore aveva a disposizione due tentativi; se fallivano, veniva eliminato ed il gioco passava ad un altro componente della squadra avversaria. Il gioco aveva termine quando una delle due, o più, squadre raggiungeva il numero di mazze fissato in precedenza.
MESTIERI
IL CARBONAIO
La carbonaia serviva alla produzione del carbone vegetale, usato come combustibile per il riscaldamento, per alimentare le fornaci, i bracieri e nell’industria. La realizzazione della carbonaia consisteva nel disporre su uno spiazzo ricavato nel bosco, nei pressi del luogo di taglio della legna, chiamato “aia” , un cumulo di legna, appositamente tagliata e sistemata in verticale in modo da formare un grande cono con al centro una parte vuota che serviva successivamente ad alimentare la carbonaia mediante l’inserimento nella bocca superiore di piccoli pezzi di legno. La legna così disposta veniva coperta con foglie e terriccio e la regolazione del tiraggio dell’aria per la combustione della legna all’interno avveniva mediante dei fori praticati lungo la circonferenza del cono. La carbonaia doveva essere sapientemente e continuamente alimentata, sia di giorno che di notte e l’intero ciclo della lavorazione durava circa due settimane. Finta la combustione, il fuoco all’interno veniva spento introducendo dall’alto della terra. Spenta la carbonaia si iniziava a rimuovere la terra dall’esterno del cono e, mediante appositi rastrelli, si procedeva a separare, mediante trascinamento, i carboni della terra. Una volta raffreddato il carbone veniva inserito in grossi secchi di tale iuta ed approntato per il trasporto che, in epoca meno recenti, avveniva a dorso di mulo. Questi animali erano indispensabili non solo per il trasporto del carbone ma venivano utilizzati anche per il trasporto della legna e delle masserizie.
Il mestiere del carbonaio viene tutt’ora svolto da intere famiglie che, dall’inizio della primavera sino al tardo autunno, si trasferiscono nelle zone ricche di boschi dove realizzano delle costruzioni in legno, terra e fango nelle quali permangono per tutto il periodo. Ancora oggi il carbone ricavato dalla lavorazione della legna è utilizzato per il riscaldamento domestico e, soprattutto, come combustibile per barbecue. Anche nel nostro paese, da alcuni anni, è presente una famiglia di carbonai il cui capostipite è Fernando.
PROVERBI POPOLARI
Il proverbio rappresenta una della più importanti e dirette espressioni della cultura popolare. In qualunque modo rappresentato, da un detto, da una massima, da un modo di dire, da una parabola, esso è un eccellente esempio di una testimonianza linguistica che si tramanda e passa di generazione in generazione e che conserva intatta nel tempo tutta la sua forza espressiva e la sua valenza linguistica.
Chi n’è buon pe ru Re, n’è buon manch pe la Regina
(chi non è buono per il Re, non è buono neanche per La Regina, cioè chi non è in grado di fare la guerra non è nemmeno in grado di fare l’amore.)
Chiacchiera vò la zita, e può z’addorme
(La sposa vuole essere vezzeggiata e poi si addormenta.)
Ne sputà p’llaria, ca t’arrvè ‘mbacce
(Non sputare per aria, perché ti ricade in faccia)
Mittete che chi è megl d te e arrfunnec le spese
(Relazionati con chi è meglio di te, anche a costo di rimetterci.)
Chi truopp la tira, la stocca
(Chi troppo la tira, la spezza. Chi troppo vuole non avrà nulla)
Ru curnut è semp ru lutm a sapè
(Il cornuto è sempre l’ultimo a saperlo)
Chi nasc tunn, ne more quadr
(Chi nasce rotondo, non può morire quadrato)
Come arrivare a Busso
Busso è raggiungibile, in auto, da:
CAMPOBASSO: prendere la SS87 sino al Bivio per Busso, poi prendere la SP 42 Cipranense;
TERMOLI: Seguire la SS16 sino al bivio della zona industriale di Termoli, poi prendere la SS647 sino al bivio per Busso quindi prendere la SP 42 Cipranense.
ISERNIA: Seguire la SS17 sino al bivio per la SS647. Prendere direzione per Termoli sino al bivio per Busso quindi seguire la SP 42 Cipranense.