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Fresagrandinaria (La Frèsce in abruzzese) è un comune italiano di circa 989 abitanti della provincia di Chieti nella regione Abruzzo. Fa parte della comunità montana Medio Vastese. Per chi viaggia sul fondovalle del Trigno, Fresagrandinaria si impone per la sua possente mole di pietra e le sue grotte artificiali scavate nel gesso. Paese di origine longobarda, nel X secolo fu sotto la protezione del monastero benedettino di Sant’Angelo in Cornacchiano, di cui resta soltanto, fuori dal paese, un rudere di torre campanaria.

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Fresagrandinaria ha conservato il tipico aspetto di un borgo medievale, fatto di edifici costruiti dall’abile e secolare maestria dei lavoratori della pietra calcarea e dell’arenaria.

Fresagrandinaria

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L’abitato culmina nella massiccia struttura della Chiesa parrocchiale intitolata al Santissimo Salvatore fondata nel medioevo e viene citata dai documenti già nel 1327, ma venne poi ricostruita quasi del tutto nel 1858 stravolgendo l’aspetto originario. Il rifacimento fu realizzato su disegni di Luigi Dau, prevedendo una sola navata decorata con stucchi baroccheggianti. All’interno sono conservate un’acquasantiera di pietra del 1663, due tele del ‘700, un crocefisso in legno del XVI secolo, le due antiche statue che raffigurano San Biagio e San Germano, una croce da processione del ‘700 in argento di scuola napoletana, una reliquia di San Sebastiano. Ha forme classiche, il portale e i dettagli architettonici sono in pietra, la torre campanaria ha base quadrata. Ai piedi dell’antico borgo, invece, si trova la chiesetta della Madonna delle Grazie, detta anche Chiesuccia in Rione Piano. Anch’essa ha origini medievali e nacque come chiesa extra moenia ossia fuori dalle mura del paese. Nel 1949 fu completamente ricostruita e poi restaurata a più riprese negli anni seguire. Il campanile è a vela e sorregge una campana del 1885. All’interno si conserva la statua in legno dipinto della Madonna con Bambino che risale al XIV secolo ed è nota come “Madonna delle Grazie”.

Nell’antro di una grotta, sulla sponda destra del fiume Treste, in località Guardiola, è possibile visitare la Chiesa di Sant’Antonio da Padova, costruita nel 1910 per onorare le ripetute apparizioni del Santo, apparso nella vicina grotta. L’originale chiesa fu demolita e ricostruita nel 1975 in pietra, con la facciata rivolta verso il fiume e collegata come in origine alla grotta, si colloca in un ambiente naturale di rara bellezza, riconosciuto come area d’interesse naturalistico.

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Le tradizioni

Questo popolo, pur nelle ristrettezze e negli affanni quotidiani, ha vissuto una vita semplice e operosa, ha saputo apprezzare le piccole gioie quotidiane, si è creato dei miti, ha praticato usi e tradizioni tramandati fino a noi. Tali tradizioni ed usanze erano praticate nell’arco dell’intero anno ed ogni occasione era una festa per l’intera comunità perché il dolore, l’angoscia, la gioia di ognuno era per tutti.
maialeNel mese di Gennaio, col freddo e con la neve, si abbatte il maiale domestico e i partecipanti mangiano sfriggoli fritti con peperoni secchi ed agli interi assieme ad arrosti; si trita la carne, si sala e la si condisce per farne saporiti salumi in casa che sono una provvista per l’intero anno. Intanto compagnie di cantori itineranti intonano sugli usci i cosiddetti canti di questua quali, il capodanno, la pasquetta, il sant’Antonio abate, il san Sebastiano tanto per bere qualche bicchiere di vino ed arrangiare qualche cibaria.

Nelle chiese di Fresa non esiste la statua di Sant’Antonio abate, ma vi è sempre stata per Lui una grande devozione. Nel tempo antico esisteva una sua chiesetta presso a poco dove sorgono oggi le case popolari, contrada “Sant’Antuono” appunto.

Nel 1576 a Fresa esisteva un ospedale per i poveri intitolato a questo sant’Antonio.
Le tradizioni nostrane sono perciò ricche e ben motivate: sono rappresentate dalle formule dell’incantesimo per una malattia della pelle, dai canti popolari intonati porta a porta la sera del 16 gennaio, dall’usanza dei contadini, nella mattinata del 17, di ritagliare una crocetta sul pelame del quarto posteriore degli animali domestici di media e grossa taglia.
Una volta vi era il porchetto devozionale cioè la secolare tradizione di donare in primavera un porchetto a devozione del Santo.
Noi ricordiamo certamente che tale animaletto, con un campanellino al collo, girava liberamente per le vie del paese, entrava nelle case, si ricoverava dove poteva e viveva a spese dell’intera comunità.
Nella mattinata del 17, per l’appunto giorno di festa, il maialino ormai cresciuto e ben pasciuto, veniva abbattuto e le sue carni distribuite alla popolazione. Il ricavato andava alla chiesa dove si celebravano messe, si recitavano tredicine e si distribuivano immaginette sacre da tenere nelle stalle a protezione degli animali.
“Sant’Antonio patrono del fuoco benedici ogni luoco benedici gli animali e anche a noi cristiani”. Le domeniche di Febbraio sono caratterizzate dalle sfilate delle maschere di Carnevale alle volte con recite, canti goliardici, altalene e con la rottura della pignata.

carnevale

Il periodo di Marzo/Aprile è caratterizzato dai riti pasquali quali lu musarò che sarebbe la funzione sacra in chiesa con le stazioni dei venerdì di quaresima, le palme infiorate con le violacciocche, lu suppèleche che sarebbe l’altare della reposizione con vasi di germogli bianchi e fiori variopinti, la solenne processione del venerdi santo senza il suono delle campane, il gran fuoco sul sagrato nella notte tra sabato e domenica col rinnovo dell’acqua santa, la messa solenne e lo scioglimento delle campane.
Tra Maggio o Giugno avviene il pellegrinaggio a piedi al Santuario di Madonna Grande a Nuova Cliternia di Campomarino (CB).

santuario nuova cliterniaE’ una tradizione che dura da più secoli e, comunque, sicuramente dal 1660 e che non è mai venuta meno. Ha luogo il lunedì successivo alla domenica di Pentecoste con la messa mattutina, la benedizione del parroco e la partenza alle cinque del mattino. Non importa se piove e ci sono i fiumi in piena o tira vento o c’è il sole: si deve andare e si va. Si scende al fiume dove si uniscono i pellegrini da Lentella, si attraversa il paese di Montenero di Bisaccia dove si visita il santuario della Madonna di Bisaccia, si scende nella valle del fiume Sinarca nei pressi del quale si fa sosta e ci si rifocilla. Ormai è mezzogiorno. Si riparte risalendo la campagna di Guglionesi per poi ridiscendere nella valle del Biferno, si attraversa il passaggio a livello della ferrovia, si passa il ponte e si risale lungo il costone di Portocannone in festa. Alla periferia del paese, come consuetudine, viene incontro e accoglie i pellegrini la processione locale con la banda musicale. I due arcipreti si abbracciano, si baciano e si scambiano le stole in segno di amicizia. Indi i popoli uniti si recano cantando nella chiesa di santa Maria di Costantinopoli dove si prega e si assiste ad una breve funzione. Sono le cinque.

chiesa

Si riparte lungo la strada in falsopiano che porta al Santuario dove si arriva verso le sette, otto di sera. Si fanno tre giri attorno alla chiesa e poi si entra cantando la canzone della Madonna. Si recita il rosario, si dicono le litanie e si partecipa alla messa serale.Si fa visita alla cappellina della grotta dove nel tardo medioevo si ritrovò il quadro. Al santuario affluiscono i fresani venuti da ogni dove oltre che a piedi, con gli autobus e con automobili private. Per molti di essi questa è l’unica occasione annuale di incontro per salutare, raccontare o farsi raccontare. Fino agli anni sessanta del secolo scorso si pernottava nei pressi e si dormiva nel santuario per ragioni religiose e per dare modo alle cavalcature di riposare perché si doveva ritornare a piedi. Oggi che non c’è più questa esigenza, non si pernotta più e si ritorna in macchina in tarda serata.

La festa del Corpus Domini a giugno è caratterizzata dai balconi e finestre pavesate con coperte e tovaglie ricamate, le più belle, in onore del Santissimo portato in processione dal parroco accompagnato dal sindaco portante l’ombrellino ricamato sotto un baldacchino di stoffa pesante variopinta portato dagli amministratori comunali: nella piazzetta principale viene allestito un altare tutto addobbato con stoffe ricamate e tutto tappezzato con petali di fiori dove il corteo sosta.

Curiosità
Le bande musicali cittadine

banda di fresagrandinaria

A memoria d’uomo si ricordano tre bande musicali paesane. Già dagli anni antecedenti il 1921 la prima con la direzione del maestro Paterno di Montenero di Bisaccia e, successivamente, dai maestri Fantini e Troiano. La scuola e le prove si tenevano in un locale comunale nelle adiacenze del primo arco di Corso Umberto I°.
La seconda la si ebbe negli anni trenta del ‘900 con un organico di 60 elementi quasi tutti locali di cui molti giovanissimi e tanti artigiani e disponeva di eleganti divise. Era, questa, diretta e concertata dal maestro Croce, nostro concittadino. Ermindo Florio Croce (Fresa 1904 Popayan in Colombia 1976) si era diplomato in oboe nel Conservatorio di San Pietro a Maiella in Napoli e fu compositore e concertista di chiara fama. Portò il complesso fresano ad alti livelli tanto da suscitare ammirazione e stima non solo nei paesi del Circondario ma anche tra gli altri complessi. Il nome di Fresagrandinaria figura onorevolmente nella storia delle bande musicali abruzzesi.
Era una banda cosiddetta “di giro” e per la scarsezza di mezzi o inesistenza di strade per spostarsi nei vari paesi d’Abruzzo e Molise era costretta spesso a trasferimenti a piedi, a dorso di muli o, nel migliore dei casi, in carrozza.

Altri componenti furono richiesti ed andarono ad arricchire l’organico e la bravura artistica di diverse primarie bande tra i quali Chieti, Casalanguida, Lanciano, Vasto e quella della milizia e dei vigili urbani di Roma.
Qualche componente abbandonò o emigrò all’estero. Ottaviano Antonio fu Adamo emigrò a Roma e fece poi parte di un’orchestra di successo. Giuseppe Lalla, il cornista, si diplomò e andò a far parte della celebre orchestra sinfonica del Teatro dell’Opera di Roma, con esecuzioni e tournèe in tutto il mondo: Il maestro Lalla fu anche insegnante nei conservatori de L’Aquila e nell’Accademia Musicale di Santa Cecilia a Roma.

L’appena ricostituita banda si sciolse e, come al solito, chi si fermò e chi proseguì. Più di uno è approdato al diploma musicale e insegna o fa parte di rinomati complessi.
Il filo lasciato da Florio Croce e da Giuseppe Lalla non si è spezzato del tutto e ha portato ai fresani l’amore per la banda e per la buona musica.

Gastronomia

La cucina fresana tradizionale è semplice ma molto varia perché ha utilizzato ed usa prodotti di stagione facilmente reperibili. Ad esempio le verdure selvatiche miste, i germogli degli equiseti impanati e fritti, le olive verdi curate e consumate la sera come companatico.
Gli affettati sono quelli caserecci come formaggio di capra o di vacca, ventricina che qui chiamiamo viscìca, salsicciotti, salsicce di carne o di fegato, soppressata fatta con pezzi di filetto del maiale. Salumi preparati con carne scelta e conditi con solo sale, semi di finocchio vivo, peperone rosso in polvere e adeguatamente stagionati.

salumi

salsiccia

I primi piatti sono quasi sempre rappresentati dalla pasta fatta in casa con le uova o senza: chitarra, lasagnette, tacconelle, cavatelli, tagliarelli, cifilloni, i francobolli con patate, o con ceci o con fagioli o con piselli o con funghi, polenta con farina di grano o di granturco con salsicce o con ventresca, patate o melanzane ripiene. Alle volte c’era un mono piatto come può essere la pizza di farina di granturco con le rape nere e con pezzettini di ventresca e pezzi di peperone rosso, il lesso di grano brillato,il pancotto, lo spezzatino con carne patate e piselli, la minestra di fave o fagioli secchi o verdi, la zucchina con patate e bieta, la frittata con gli asparagi o peperoni e tante altre nate dalla fantasia delle nostre donne.

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I secondi piatti (nel passato solo nei giorni di festa oggi quando se ne ha voglia) sono costituiti dal pollo ruspante o coniglio

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o piccione o anatra ripieni cotti in ragù o al forno, dall’arrosto di maiale o di agnello o di capretto, dalle pallocche cacio e ovo con mandorle e dalla rinomata porchetta al forno che qui da noi è una vera specialità tanto da essere appetita e richiesta in tutti i paesi vicini. Si tratta di porcellini di circa 20/30 chili preparate con scrupolosa cura secondo una antica ricetta e cotta al forno.

porchetta

Insomma nulla di commestibile andava buttato via e, spesso, da poveri ingredienti si ottenevano sfizierìe e una di queste era la triccitelle. Diciamo era perché un tempo largamente diffuso nelle abitazioni di campagna mentre oggi con le mutate condizioni di vita non lo è più viene scansato per non prendersi troppo impiccio preferendo la reclamizzata trippa in scatola o i wurstel.

Dolci vari 

Il vanto di Fresa sono i dolci ciascun tipo dei quali adatto alla propria occasione e alla sua stagione. Ad esempio i taralli si fanno nel mese di maggio in occasione del pellegrinaggio, le scrippelle e i calcionetti e le zeppole si preparano a Natale, la cicerchiata a Carnevale, la pupa, il cavallo, il cuore e il fiadone a Pasqua.

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Ma il re dei dolci fresani, conosciuto e apprezzato a Fresa e dintorni, è il ciallarichieno un dolce che soltanto da noi riesce così bene. E’ un dolce che si addice ad ogni occasione quali nozze, battesimi, cresime, onomastici e simili.

Il tempo di preparazione prevede due fasi: la prima per il ripieno e la seconda per la sfoglia che fa da involucro. La ricetta per circa 30 pezzi da 150/200 grammi.

Ripieno, occorrente:

¼ di litro di mosto cotto, 250 grammi di marmellata possibilmente di ciliegie nere, 100 grammi di noci tostate e tritate (non macinate), 100 grammi di mandorle tostate e tritate, una bustina di vanillina, una scorza d’arancia macinata, 50 grammi di pane tostato grattugiato, un po’ di cannella tritata.
Versare il mosto cotto in una pentola e portarlo a ebollizione; rimestando continuamente unire uno dopo l’altro la marmellata, il pane, la vanillina, la scorza, la cannella e, quindi, le mandorle e le noci facendo in modo che l’impasto sia ben amalgamato e di una certa densità. Se risultasse troppo denso dare una spruzzatina di caffè o di marsala. Togliere dal fuoco e far raffreddare.

sfoglia esterna, occorrente:      

2 uova, 150 grammi di zucchero, 1/2 litro di vino bianco, ½ litro di olio extravergine delle olive di Fresa, farina del tipo 00 quanto basta.
Impastare e ben amalgamare indi tirare a sfoglia sottile. Con l’apposito tagliapasta ritagliare dei rettangolini di circa cm. 10 x 25 dalla sfoglia. Su ogni rettangolino, con un cucchiaio di legno, versare il ripieno bastevole e richiudere a saccottino. Unire le due estremità in modo che si ottenga una forma circolare. Inumidire la parte superiore e cospargere di zucchero. Indi porre i saccottini nelle apposite scatole di latta e infornare a 180°. Tempo di cottura circa 30 minuti.
Consumare dopo il raffreddamento.

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